Progetto Cartapesta

Premessa

Da sempre la funzione sociale dell’Arte e del Teatro è quella di accompagnare l’individuo a riflettere sul proprio presente e prospettare cambiamenti e miglioramenti della propria condizione. I linguaggi teatrali e artistici per la loro valenza pedagogico-educativa e per le loro proprietà  gnoseologiche sono acclarati come mezzi che concorrono alla crescita e alla formazione globale dell’individuo. I metodi e le tecniche impiegati favoriscono l’intelligenza emotiva, affinano la condizione del percepire, la scoperta dei saperi del corpo e dei linguaggi non verbali; sviluppano capacità di riconoscimento e utilizzo delle potenzialità comunicative e favoriscono la  socializzazione.

La dispensa

Questa breve dispensa lungi dall’essere esaustiva, vuole tracciare un percorso che si snoda dal raccontare il  Carnevale al toccare l’argomento della Maschera e del Burattino. La scelta di analizzare le peculiarità della Maschera e del Burattino della Commedia dell’Arte, attraverso le antiche tecniche della cartapesta e della cartacolla, nasce dalla volontà di valorizzare le espressioni artistiche del  nostro territorio visualizzandone gli aspetti storico-antropologici, con l’obiettivo di trasmetterne i contenuti in ambito didattico, attraverso le attività di laboratorio.

IL CARNEVALE

Origine e significato della Festa del Carnevale

Il Carnevale, festa popolare tra le più espressive e rappresentative, è una festa di derivazione pagana che si contrapponeva, all’origine, nettamente a quella cattolica. Il popolo, prima di mortificarsi nel digiuno della Quaresima, voleva concedere uno sfogo alle passioni più istintive dell’animo umano. L’etimologia del termine Carnevale è incerta: oggi dai più viene tenuto in considerazione “carnem levare” (da cui il siciliano “carnalivari“), prescrizione che fa divieto di mangiare carne durante la Quaresima.

Questa Festa prende le mosse da un’altra ben più antica, quella dei Saturnali, tipica festa dell’Antica Roma, di origine pagana: durante i festeggiamenti in onore di Saturno era necessario darsi alla pazza gioia onde favorire un raccolto abbondante ed un periodo di benessere e felicità. In questo periodo di sette giorni si conducevano per la città carri festosi tirati da animali bizzarramente bardati ed il popolo si riuniva in grandi tavolate, cui partecipavano persone di diverse condizioni sociali tra abbuffate, lazzi, danze ed oscenità. L’antica figura del Re dei Saturnali ha continuato a vivere nella burlesca figura del Re del Carnevale: inizialmente impersonato da un uomo che veniva sacrificato per il bene della collettività, successivamente sostituito con un fantoccio di paglia.

LA MASCHERA

Origine e significato della maschera

Le maschere tribali, sacerdotali, propiziatorie avevano un ruolo fondamentale nelle loro società: rappresentavano lo strumento che consentiva, al sacerdote o al designato che le indossava, di assumere sembianze divine e magiche, capaci di guarire, di rendere abbondanti i raccolti, di  proteggere i cacciatori da eventi infausti e così via. Gli antichi usavano la maschera anche nei trionfi, nelle pompe pubbliche, nei banchetti ed i pagani celebravano il fiorire della primavera, mascherati, con la libertà di rappresentare chiunque avessero voluto.

Con la Commedia d’Arte, che dalla metà del Cinquecento fino al Settecento rappresentò il più singolare fenomeno della storia teatrale, nacquero le famose maschere del Teatro Italiano, introducendo in scena ciò che poteva divertire il pubblico.

Il Carnevale conobbe il periodo di maggior splendore nel periodo Barocco e Rococò : era il tempo in cui la nobiltà divertiva se stessa e di riflesso il popolo che veniva estasiato dai festoni e decori che adornavano i carri nobiliari, simbolo di ricchezza ed abbondanza.

La Maschera a Venezia

La Maschera in una città come Venezia ha origini antichissime e veniva utilizzata per molti mesi durante l’anno: le maschere erano permesse dal giorno di S. Stefano, data che sanciva il giorno dell’inizio del Carnevale Veneziano, fino alla mezzanotte del Martedì Grasso, che concludeva il Carnevale (naturalmente erano vietate nei giorni in cui vi erano festività religiose solenni).

La maschera aveva molti usi: veniva utilizzata, ad esempio, per “proteggere” giocatori d’azzardo dagli sguardi indiscreti (soprattutto da quello dei loro creditori) oppure era utilizzata dai nobiluomini ‘barnaboti’ per chiedere l’elemosina agli angoli delle strade. I ‘barnaboti’ erano i patrizi poveri: il nome deriva dalla zona di S. Barnaba, abitata dai poveri della città.

L’Arte dei ‘Mascareri’ Veneziani

Di conseguenza al largo uso che veniva fatto della maschera a Venezia anche in periodi non carnevaleschi, si svilupparono nella Città attività commerciali ed artigianali legati alla creazione ed al commercio di questo prodotto.

I materiali usati per la produzione delle maschere erano: argilla per il modello, gesso per il calco e successivamente stoffe, garza, cartapesta, per la fattura, cera per la modellatura e pittura per la decorazione. L’Arte di fare maschere resiste ancor oggi nei ‘Mascareri’ Veneziani, come sono chiamati quei pochi Maestri Artigiani che tengono ancora in vita questo nobile mestiere, che tra il seicento e il settecento ebbe grande richiesta di mercato, soprattutto a Venezia.

Maschere della Commedia dell’Arte

Pantalone

E’ la Maschera Veneziana più conosciuta. Si pensa derivi da San Pantalon, uno dei Santi di Venezia a cui è dedicata una chiesa nel Sestiere di Dorsoduro. Pantalone era un vecchio mercante, simbolo della borghesia e dell’etica mercantile veneziana. Aveva una grande propensione per gli affari, che a volte fiorivano e a volte lo portavano alla rovina, e una spiccata disinvoltura per le avances amorose. La Maschera mette in evidenza particolari caratteristiche somatiche: naso adunco, sopracciglia sporgenti e barbetta appuntita.

Arlecchino

E’ la maschera più popolare della Commedia dell’Arte, originaria della Bergamo Bassa del ‘500. Arlecchino ha un carattere truffaldino e impiccione, mostra scarso intelletto, sempre affamato è sempre pronto a scroccare. Il costume è costituito da giubba e pantaloni a toppe colorate, un cappello di feltro corredato da un pezzo di coda di coniglio o di volpe e da una cintura da cui pende il ‘batocio’, la spatola per girare la polenta. E’ una maschera acrobatica, dotata di una ricca gestualità.

Brighella

E’ l’alter ego di Arlecchino. Originario della Bergamo Alta è il servo furbo della Commedia dell’Arte. L’etimologia del suo nome deriva da ‘brigare’ ossia imbrogliare. E’ un opportunista, un ruffiano pronto ad assecondare i desideri più bassi del suo padrone in cambio di qualche vantaggio personale. Il suo costume è bianco con alcune strisce verdi e ricorda una livrea da cuoco, a volte porta un mantello e un copricapo listato di verde.

Pulcinella

Famosa Maschera Napoletana con naso a becco e bocca gigantesca, ha l’aspetto simile a un gallo, da qui il sospetto che il nome derivi da ‘pulcino’.

E’ un saltimbanco, fallito e scansafatiche. Il suo costume bianco e svolazzante con un cappello a cono tronco molto alto si può ammirare negli affreschi del Tiepolo nel museo del Settecento Veneziano a Cà Rezzonico a Venezia.

Colombina

Fedele compagna di Arlecchino, Colombina è una maliziosa ed astuta servetta. E’ conosciuta con altri nomi: Arlecchina, Corallina, Ricciolina, Camilla e Lisetta fino a seguire la moda francese per diventare la raffinata Marionette nella ‘Vedova Scaltra’ di Carlo Goldoni. Il vestito è a toppe colorate con grembiule e cuffietta bianca. Porta raramente la maschera e nel caso è una semplice mezza mascherina scura che lascia scoperta la bocca. Si esprime in vari dialetti prediligendo il veneziano o il toscano.

Balanzone

Personaggio comico originario di Bologna. Avvocato, medico, a volte notaio, è un personaggio vuoto di sentimenti, ma ricco di un nozionismo e di una dialettica che lo conducono allo sproloquio comico. Gran buongustaio e obeso, indossa un abito nero con ampio colletto bianco, sulla testa una berretta da notaio o un ampio cappello da medico. Porta una mezza maschera scura che mette in risalto un naso prominente arricchito da qualche ridicolo porro.

COSTRUZIONE DELLA MASCHERA IN CARTAPESTA

Per realizzare una maschera è necessario partire da un disegno che ne indichi forma e dimensioni. Si inizia a disporre la creta seguendo i contorni del disegno sulla tavoletta.

Dopo aver sbozzato il modello della maschera, definendo i volumi dei lineamenti, lo si leviga con un po’ d’acqua e si liscia. Si prepara il calco, cioè il negativo che poi accoglierà la carta pressata, realizzando il modello pieno, senza buchi. Infatti gli occhi e le narici andranno tagliate dopo aver estratto la maschera di cartapesta dal calco. Si mescola in parti uguali il gesso scagliola a presa rapida con l’acqua. Una volta raggiunta la densità giusta si cola il composto direttamente sul modello in creta, facendo attenzione a coprirlo in modo uniforme. Il gesso compatterà velocemente ed entro un’ora sarà asciutto, pronto per essere staccato e svuotato con cautela della creta.

Per iniziare il lavoro della cartapesta si aspettano due giorni per la completa essiccazione del calco in gesso. Si inizia bagnando la carta già strappata in rettangoli, la si strizza e si incomincia ad applicarla partendo dall’esterno verso l’interno, lasciando sporgere i bordi e facendo attenzione a non fare pieghe ma sovrapponendo con cura.Per il primo strato si usa carta riciclata di stracci azzurra, più plastica ma meno resistente della carta di cellulosa pura, che servirà per gli strati successivi. Finito il primo strato, si passa una colla vinilica in modo uniforme, e si pressa bene la carta per evidenziare i particolari del modello, poi si passa al secondo strato e ad un altro strato sui bordi per rinforzare la maschera. Si lascia ad asciugare, e quando al tatto sarà completamente asciutta, si passa a staccare il positivo dal calco.

Si tagliano i bordi, gli occhi, le narici, con apposite forbici e lame, e si rifiniscono i bordi con della carta velina e colla, per evitare che si aprano gli strati di carta. Il gesso usato in questa fase è completamente diverso da quello utilizzato nella realizzazione del calco, di qualità scagliola a presa molto rapida. Questo invece è gesso di Bologna, un prodotto tipico delle Belle Arti che viene prediletto per la caratteristica di essiccarsi lentamente. A questo punto incomincia la fase della decorazione, con una base di colore bianco steso con una tempera acrilica lavabile. Occorre dare due mani, di cui la seconda più densa. In seguito si usano i colori, delineando dapprima le sopracciglia e poi le labbra, eventuali nei, sfumature rosa per le guance, eccetera, che caratterizzeranno la maschera. L’ultimo passaggio è la ceratura antichizzante, una pratica derivata dal restauro dei mobili antichi. Si realizza applicando un composto ottenuto miscelando cera d’api con un lucido da scarpe dai toni del bruno o nero, a seconda dell’effetto desiderato. Tale composto viene spalmato con un pennello, ed una volta asciugatosi, lucidato. Il risultato è l’effetto di un legno antico. Dopo la lucidatura con spazzole e stracci asciutti, si passa all’applicazione dei lacci all’altezza degli occhi, e di eventuali etichette all’interno della maschera.